Dr. Lopes: 
Salve, questa è una ECM su ReachMD, e sono il Dr. Renato Lopes. Oggi vi parlerò del compromesso tra eventi ischemici ed emorragici nei pazienti con fibrillazione atriale.

Ogni volta che ci troviamo di fronte a un paziente con fibrillazione atriale in cui abbiamo deciso di usare un anticoagulante, dovremo occuparci della prevenzione dell'ictus. In altre parole, dobbiamo cercare di ridurre il rischio di ictus, che è l'obiettivo primario nei pazienti con fibrillazione atriale. Allo stesso tempo, devo prestare attenzione al rischio di sanguinamento perché abbiamo imparato negli anni che il sanguinamento è un indicatore di esiti negativi. Quindi ogni volta che un paziente ha un'emorragia, anche se lieve, è associata a esiti peggiori.

Non posso quindi separare il rischio di trombosi e il rischio di eventi ischemici dal rischio di sanguinamento. Devo cercare di trattare i pazienti nel loro complesso, tenendo conto di entrambi i tipi di rischio e cercando di trovare quello che ho chiamato il punto ottimale antitrombotico. In altre parole, devo prendere in considerazione tutte le caratteristiche del paziente e, in base al rischio di ictus e di sanguinamento, decidere quale potrebbe essere il miglior agente da utilizzare, la dose migliore, la giusta popolazione di pazienti che può darmi la massima riduzione degli eventi ischemici con un rischio minimo di sanguinamento. Se lo facciamo, allora abbiamo davvero trovato il punto debole antitrombotico.

Soprattutto nella fibrillazione atriale, siamo di fronte al dilemma di ridurre l'ictus ischemico con gli anticoagulanti orali, ma in modo da poter minimizzare il rischio della principale complicanza di una terapia anticoagulante, ovvero l'emorragia intracranica. Questo dilemma va affrontato ogni volta che decidiamo di trattare un paziente con anticoagulanti orali.

La buona notizia è che negli ultimi 15 anni, con la nuova era dei DOAC, abbiamo fatto enormi progressi non solo nell'efficacia di tali agenti, ma soprattutto in termini di sicurezza. Questi farmaci sono complessivamente più sicuri del warfarin, in particolare nel ridurre il rischio di emorragia intracranica rispetto al warfarin. Per questo motivo, abbiamo avuto anche meno emorragie fatali con i NOAC o DOAC rispetto al warfarin.

È importante sottolineare anche che il dosaggio è molto rilevante nella discussione, come imparato dagli studi. Perché alcuni degli studi cardine hanno fatto dei test con un regime a basso dosaggio di NOAC e un regime a dosaggio più elevato di NOAC rispetto al warfarin. Questo è stato il caso del dabigatran 110 mg due volte al giorno o dell'edoxaban 30 mg una volta al giorno. Abbiamo scoperto che più il dosaggio è basso, più è sicuro. Ovviamente, c'è meno farmaco in circolo, abbiamo meno emorragie, ma abbiamo iniziato a vedere un costo associato a questo, cioè un aumento degli eventi ischemici, come ictus ischemici o persino infarto miocardico.

Ecco perché, quando parliamo di punto ottimale, si tratta di essere efficaci, riducendo gli eventi ischemici e allo stesso tempo gli eventi emorragici. Quindi non è utile solo se efficace ma non sicuro. E non è utile se molto sicuro ma non efficace. In altre parole, posso essere molto sicuro, ma se aumento, ad esempio, il rischio di ictus, non serve a nulla. Quindi la chiave qui è essere efficaci, avere un'elevata efficacia nel ridurre gli eventi ischemici rimanendo sicuri. In altre parole, ridurre al minimo il rischio di sanguinamento. Se lo faremo, avremo trovato il punto ottimale antitrombotico che dovrebbe essere l'obiettivo per ogni singolo paziente trattato con anticoagulanti orali nella nostra pratica clinica.

Grazie mille per l'ascolto.